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  • Immagine del redattoreMatteo Niglio

EFFETTO SAN MATTEO

Aggiornamento: 7 mag 2020


Prima di introdurre l’argomento, tengo a precisare che, nonostante quello che il titolo possa averti fatto credere, non mi sono montato la testa. Il nome dell’effetto sociale, di cui ti parlerò, fa riferimento ad un versetto del vangelo dell’apostolo mio omonimo, tutto qui.


”Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha” da Matteo 25,29



Con “Effetto San Matteo” (Matthew Effect), in sociologia si indica un processo per cui, in certe situazioni, le nuove risorse che si rendono disponibili vengono ripartite fra i partecipanti in proporzione a quanto hanno già. (Wikipedia)


La domanda legittima che viene in mente è: cosa c’entra con il golf?! La risposta è molto interessante e frutto dei miei studi per uno dei corsi del Titleist Performance Institute: il TPI JUNIOR livello 2.



Il termine è stato inventato dal sociologo Robert Merton che, per primo, ha notato come l’apprendimento della lettura, in uno stadio precoce della vita del bambino, conferisca a quest’ultimo un notevole vantaggio in termini sociali rispetto a chi sviluppa questa abilità più tardi. Un ruolo fondamentale viene svolto dagli insegnanti che tenderebbero a dare più attenzioni, e quindi possibilità, a quei scolari che dimostrino di avere, fin da subito, qualità superiori agli altri. È un processo che si autoalimenta sia in senso positivo che in direzione negativa. Un alunno che non si senta incoraggiato penserà di non essere “dotato” e non riterrà opportuno impiegare energie in un campo nel quale parte svantaggiato rispetto ad altri. Negli sport, aggiungendo la componente fisica a quella cognitiva, il discorso si complica ulteriormente.



Prima di tutto è necessaria una precisazione. Ognuno di noi, dall’inizio alla completa maturità, ha due età: cronoligica e biologica. La prima si riferisce all’effettivo conteggio di giorni, mesi ed anni trascorsi dalla nostra nascita. La seconda tiene conto dello stadio dello sviluppo fisico e cognitivo del soggetto. Per utilizzare una metafora possiamo paragonarli a due maratoneti che, correndo, possono avanzare affiancati, distanziati o superarsi a vicenda in una o più occasioni. L’allineamento o meno delle due età è ciò che ci permette di identificare i bambini con sviluppo anticipato (early developers) e quelli a sviluppo ritardato (late developers). Appartenere ad un gruppo o all’altro non ha niente a che vedere con il momento nel quale si taglierà il traguardo, quello è uguale per tutti e, di solito, si verifica verso i 20-21 anni. La differenza sostanziale sarà solo nel raggiungimento di alcune tappe intermedie. Ci sarà chi partirà fortissimo per poi rallentare; chi avrà una progressione uniforme durante tutto il tragitto e chi, dopo una partenza camminando, recupererà terreno sugli altri con un’accelerazione bruciante nella seconda parte. L’importante, per permettere ad ognuno di percorrere la strada con i propri tempi, è di dare a tutti le stesse possibilità in egual misura. Ed è proprio qui che nascono i problemi...



Devi sapere, caro lettore, che l’età biologica può presentare una differenza fino a 2 anni, in più o in meno, rispetto a quella cronologica. Ora immagina la situazione di due bambini di 9 anni: il primo è un ‘early developer’ nato il 1 gennaio 2009 mentre il secondo è un ’late developer’ nato il 31 dicembre 2009. Questi due atleti vengono messi nella stesso gruppo che svolge uno sport qualsiasi (a te la scelta). Il primo ha 12 mesi di vantaggio sull’altro già solo in virtù della data di nascita e presenta un livello di sviluppo fisico e cognitivo di un ragazzo di 11 (+2 anni). Il secondo ha un anno in meno e presenta un’evoluzione pari ad uno di 7 (-2 anni). La differenza totale tra i due sarà di 5 anni! Non è difficile indovinare quale atleta colpirà di più l’allenatore per le sue doti fisiche, tecniche e tattiche.



Già mi figuro i soliti scettici affermare che quello riportato è un caso limite, se non un’esagerazione. Da ricerche scientifiche, è saltato fuori che c’è una netta preponderanza di nati nei primi tre mesi dell’anno tra i giocatori professionisti delle varie leghe americane (football, baseball, basketball ecc.). Riprendendo l’esempio è evidente che il primo bambino tenderà a ricevere più attenzioni dall’allenatore (sono esseri umani anche loro), ad essere maggiormente incoraggiato e a giocare sempre in prima squadra (non si possono mettere i più forti in panchina se si vuole scalare la classifica del campionato). Avrà più occasioni per sviluppare il suo potenziale solo per un fatto anagrafico e di velocità di crescita. Il rischio è di lasciare indietro, e quindi sprecare, dei veri talenti che avrebbero avuto bisogno solo di più tempo per sbocciare.



I Coach (quelli veri con la “C” maiuscola) questo fenomeno lo conoscono bene e non si fanno ingannare. Devono sottostare alle regole imposte da un sistema che premia il risultato ad ogni costo ed il prima possibile, ma fanno il massimo per offrire a tutti gli atleti le stesse opportunità di maturazione, nel rispetto dei tempi soggettivi. È un lavoro dieci volte più complesso della semplice “ricerca ed identificazione del talento” in senso stretto. Non ci vuole un genio per riconoscere un early developer, ma serve un ottimo osservatore e organizzatore per adattare una lezione ad un gruppo di bambini in stadi diversi dello sviluppo di un essere umano, senza urtare la sensibilità di alcuni nè abbassare troppo il livello per altri. Per questo motivo ribadisco sempre la mia convinzione che il club giovani di un circolo dovrebbe essere affidato al maestro con più esperienza (laddove ve ne fosse più d’uno) e non all’ultimo assistente appena uscito dalla scuola di formazione. Questa è la prassi troppo spesso seguita nei club.


Cosa si può fare quindi?!


Le attività dovrebbero essere impostate come occasioni di sperimentazione, più che come banchi di prova per dimostrare la propria superiorità sugli altri. Lasciare il bambino libero di approfondire i problemi motori, ricercando soluzioni personali, è il miglior modo di prepararlo allo sport e, in fin dei conti, alla vita.


I primi anni, dai 2 ai 5, serviranno più che altro al piccolo per familiarizzare con l’ambiente e gli oggetti. Fondamentale creare un’associazione positiva con i concetti di ”andare al golf” e ”condividere dei bei momenti” con i propri parenti e l’insegnante. ”Massima libertà d’espressione” sono le parole d’ordine da tenere sempre a mente, con buona pace se il mini-golfista impugna il suo bastone di plastica al contrario o se non fa volare la palla. Ricorda caro genitore che, per lui, già solo colpire quella sfera è una gioia infinita! Reprimi le tue aspettative e, quando si girerà per avere conferme da te, mostragli tutta la tua approvazione esultando come probabilmente non fai da tempo. Vedrai che sarà una giornata indimenticabile per entrambi.


Un altro dei punti chiave è monitorare costantemente la velocità di crescita dei bambini per tenere sotto controllo, in particolare, il momento nel quale entreranno nella pubertà. È una fase delicata, differente per maschi e femmine, nella quale hanno bisogno di tutto il supporto possibile da parte degli educatori. Gli errori commessi, anche solo per leggerezza o disattenzione, potrebbero segnare il giovane a vita.





”Divitiae non semper optimis” Omero

(Le ricchezze non sempre vanno ai migliori)




MATTEO NIGLIO


+39 347 3900877


Mail: matteo.niglio@tiscali.it


Sito Web: nigliogolf.com


Facebook / YouTube: “Matteo Niglio - golf pro & fitness coach”


Instagram: matniglio_golfpro_fitnesscoach

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